I milioni che il Fvg pagherebbe alle altre Regioni per prestazioni sanitarie sono una mezza balla, si tace sugli altrettanti milioni che le altre Regioni ci pagano

Il governatore Massimiliano Fedriga tra il vice Riccardo Riccardi e il neodirettore di Asufc Denis Caporale (primo a sinistra)

Lungi da noi l’idea di elaborare una sorta di “opera omnia” sulla sanità, non ne abbiamo certamente le competenze, ma non possiamo però esimerci dallo sfatare alcuni miti e smascherare alcune balle. Andiamo per ordine limitandoci alle ultime vicende che riguardano la sanità del Fvg. Partiamo dal tema del momento, le vaccinazioni: Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni con il minor numero di vaccinati in Italia. Dato incontrovertibile e che già da solo dimostra una certa approssimazione di come tutta la pandemia è stata trattata dagli inizi ad oggi nella nostra regione. Navi fantasma, dati su terapie intensive probabilmente truccati e voglia di far fare bisboccia anche se tutti i dati lo sconsigliavano, hanno caratterizzato la gestione Riccardi del Covid. E quando i problemi erano talmente palesi che non era possibile coprirli con il silenzio mediatico perchè sgusciavano fuori dalle mani come una saponetta bagnata, le responsabilità erano sempre di altri. La giunta precedente, il governo nazionale, i medici e il personale sanitario e perfino i direttori delle aziende sanitarie, dimenticandosi che essendo di nomina politica esisterebbe il principio di responsabilità oggettiva, cosa che vale anche nei confronti del presidente Fedriga verso i suoi assessori. Ma questa è tutta “storia” passata, quello che è inaccettabile è quanto viene raccontato da poco più di un mese. Era infatti il 07 luglio 2021 alle ore 15,10 che l’agenzia di stampa ufficiale della Regione Fvg Arc lanciava una dichiarazione dell’assessore Riccardi: “Non inseguiamo alcun modello di organizzazione della sanità, casomai abbiamo l’ambizione che qualcun altro riprenda il nostro, che è forte e solido ed è guidato in via esclusiva dall’Istituzione pubblica. In questo contesto, nel quale gli accreditamenti con il privato sono al minimo rispetto alle altre Regioni, in via residuale rispetto ad altri interventi abbiamo previsto la possibilità di allargare gli accordi esterni per recuperare le liste d’attesa e le fughe oltre i confini del Friuli Venezia Giulia per prestazioni a media e bassa intensità”. Tradotto vuol dire, eravamo i più bravi, ma siccome non lo siamo più, dobbiamo correre ai ripari attingendo alle risorse della sanità privata. In realtà ad attingere alle risorse saranno proprio gli affaristi della salute, che per carità svolgono legittimamente il proprio business, ma che certamente avranno parole di elogio per l’assessore che gli farà crescere i bilanci. Ma è la motivazione che lascia interdetti: spiega lo stesso Riccardi sempre nel luglio scorso, “non era più possibile rimanere indifferenti alle conseguenze legate al flusso di pazienti che scelgono di andare a curarsi fuori regione dal privato accreditato. Ciò, dal punto di vista finanziario, comporta decine di milioni di euro che escono dal Friuli Venezia Giulia”. “Ma quel che è peggio – ha continuato il vicegovernatore – è che quelle somme si pagano a pie’ di lista al privato accreditato di altre regioni. Conseguentemente il nostro obiettivo non è quello di aumentare la spesa privata, ma il recupero di quella che già paghiamo per effetto della fuga. Era ora di invertire la rotta a beneficio di pazienti e professionisti del Friuli Venezia Giulia”. “Quindi – ha proseguito Riccardi – abbiamo stanziato 16 milioni di euro per il reclutamento di nuovi operatori sanitari e l’acquisto di prestazioni aggiuntive dal personale pubblico”. La motivazione di tale operazione è chiara ed è relativa soprattutto ai 16 milioni dato che la favoletta del pagamento a pie’ di lista al privato accreditato di altre regioni non tiene conto che lo stesso fenomeno riguarda cittadini delle altre regioni che arrivano in Fvg per prestazioni sanitarie. Ma questo tema l’affronteremo nell’ultimo atto di questo melodramma, dove si ride poco e si rischia di piangere molto. Infatti è di oggi la dichiarazione a sostegno della politica di privatizzazione decisa da Riccardi ed arriva sulle pagine del quotidiano locale cartaceo da parte del direttore generale AsuFc Denis Caporale : «La giunta regionale, con la sua ultima delibera sulla quale stiamo lavorando, ci ha dato la possibilità di ampliare l’attività con il privato convenzionato, laddove l’obiettivo è abbattere le liste di attesa. La facoltà di ricorrere a un ampliamento della convenzione con i privati già accreditati e anche con realtà nuove permetterà all’Azienda di dare maggiori risposte e di contrastare la fuga dei pazienti verso altre strutture fuori regione». Insomma chi dovrebbe battere i pugni sul tavolo per avere maggiori risorse per far funzionare meglio la macchina pubblica, non si pone neppure il problema. Non vogliamo pensare male, ma molti dubbi ci vengono… Ma la cosa che lascia esterrefatti è che tutto si basi su dati che non sono stati esplicitati, o meglio vengono enunciati in maniera spannometrica “un conto di milioni di euro che la Regione Fvg pagherebbe ad altre regioni”. Il problema è che in realtà i dati specifici pre-covid raccontano altra storia. Se infatti guardiamo il Report dell’Osservatorio GIMBE 2020 relativo alla mobilità sanitaria interregionale scopriamo che la differenza tra crediti, frutto della mobilità attiva (pazienti che arrivano) , e debiti conseguenza della mobilità passiva (pazienti che si curano fuori regione) , determina un saldo che per il Fvg non è per nulla drammatico, anzi, si può considerare in equilibrio . (vedi tabella)

Ma c’è di più, a dimostrare che la situazione del Fvg, da questo punto di vista, non era drammatica (se lo è diventato è negli ultimi mesi e non certo per la pandemia che ha rallentato complessivamente il ricorso ad ogni forma di cura che non fosse relativa al covid) il fatto che i saldi approvati con l’Intesa Stato-Regioni del 31 marzo 2020 hanno visto un conguaglio positivo per il Fvg relativo a partite regolatorie rimaste in sospeso da anni precedenti. (vedi tabella 2).

 

Che vi sia stato un rallentamento nel periodo Covid è del resto dimostrato dai dati nazionali sulle prestazioni erogate: in particolare sul versante specialistica ambulatoriale la riduzione complessiva delle prestazioni si attesta su un valore di -144,5 milioni, di cui la maggior parte (90,2%) in strutture pubbliche. La quota più rilevante riguarda gli esami di laboratorio (62,6% del totale delle prestazioni in meno rispetto al 2019), seguita dalla diagnostica (13,9%), dalle visite (12,9%) e infine, più distaccate, dall’area della riabilitazione (5,8%) e da quella terapeutica (4,9%). Ovviamente questo ha generato un arretrato ma che se solo si dirottassero più risorse al pubblico sarebbe gestibile magari con l’ampliamento di orari (con relativi straordinari al personale) e magari qualche assunzione.
Ma è evidente che la voglia di privato di Riccardi & c è di natura ideologica e non vogliamo paventare la presenza di interessi, ma certamente cozza con un principio basilare del servizio sanitario nazionale. Capiamo che questo sia poco digeribile per Riccardi più propenso a pensare alla sanità regionale come cosa propria da gestire assieme al cerchio di fedeli collaboratori che ha nominato e fatto nominare. In realtà la mobilita sanitaria costituisce l’esplicitazione del principio di unitarietà del SSN e del diritto di libera scelta del cittadino, già esercitabile nell’ambito del quadro normativo vigente, che non riguarda solo la scelta fra pubblico e privato ma anche territoriale. In sostanza se un cittadino si sente più sicuro a farsi curare, ad esempio in Lombardia, deve poterlo fare, esattamente come i tantissimi cittadini italiani che scelgono le eccellenze sanitarie della nostra regione. Guai passasse il principio della chiusura dei confini anche agli ammalati…

 

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