Sanità Fvg allo sbaraglio. Le Case di Comunità previste dal Governo non piacciono a Riccardi… perchè potrebbero funzionare

Non bastavano le prove sulla pandemia date dalla dirigenza del sistema salute del Fvg, ora come ci racconta la cronaca delle ultime ore, il rischio che non si riesca neppure ad utilizzare il denaro previsto dal Pnrr per il Fvg  è concreto. L’ultimo episodio è drammaticamente chiaro:  nel dibattito politico regionale si parla delle “Case di comunità” nuovo strumento, in realtà già presente spesso sulla carta e con nomi diversi in varie realtà sanitarie italiane, che il Recovery Plan – ovvero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – , approvato nello scorso aprile, prevede anche per la nostra regione ma che sono “invise” all’assessore Riccardo Riccardi. Cerchiamo di capirci di più: si tratta secondo il Governo presieduto da Mario Draghi, della base della riforma sanitaria nazionale basata su quella territorialità fondamentale, come dimostrato anche dalla pandemia, per riuscire a contrastare le sfide che il futuro i riserva e riserva soprattutto ai cittadini più fragili e non solo economicamente. In Fvg quelle strutture si chiamavano Cap acronimo di Centro di Assistenza Primaria. Usiamo non a caso i verbo al passato perchè quelle strutture, volute dalla riforma “Seracchiani” e mai realmente decollate anche per responsabilità di quella stessa giunta che le aveva promosse, sono praticamente naufragate una vota insediato Fedriga e soprattutto il suo assessore alla Salute Riccardo Riccardi che contro quella riforma aveva tuonato in campagna elettorale e che poi, anziché proporre alternative, le ha fatte morire d’inedia. Oggi che a proporle con il nome “Case di comunità” è il governo Draghi, c’è il dubbio che Riccardi si appresti a fare lo stesso. Non solo ne parla male ma c’è da scommettere farà di tutto per non farle decollare a costo di non utilizzare i soldi (150 milioni stanziati da Roma per il Fvg). Il tutto ovviamente senza proporre alternative se non quella di pensare “date i soldi a me che saprò cosa farne”. Peccato che o si usano per lo scopo a cui sono destinati oppure il denaro non arriva o se arriva si potrebbe doverlo restituire. In realtà il gioco potrebbe essere più sottile, spendere nelle strutture ma poi non farle partire, esattamente come è avvenuto per i Cap. La scusa sarà sempre la stessa, manca il personale, ma dato che invece le necessità sanitarie per i cittadini non mancheranno, tirare fuori dal cilindro il coniglio della sanità privata. Insomma far entrare surrettiziamente gli amici degli amici che, purtroppo si annidano anche in realtà sanitarie private impensabili, almeno fino a qualche anno fa. Ma questo sarà oggetto di una nostra inchiesta che non anticipiamo più di tanto. Torniamo invece al Recovery Plan relativo agli interventi in campo sanitario e spighiamo meglio cosa si dovrebbe fare. Uno di questi interventi prevede la realizzazione entro il 2026 di 26 Case della Comunità in Fvg a livello nazionale sono 1288. Ma vediamo cosa sono in realtà e come saranno organizzate. Le Case della Comunità sono strutture sanitarie, promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, nonché luoghi privilegiati per la progettazione di interventi di carattere sociale e di integrazione sociosanitaria, così sono presentate nei documenti nazionali. La sede della Casa della Comunità, recita il progetto del Governo Draghi, deve essere visibile e facilmente accessibile per la comunità di riferimento perché è il luogo dove il cittadino può trovare una risposta adeguata alle diverse esigenze sanitarie o sociosanitarie. In queste strutture, al fine di poter fornire tutti i servizi sanitari di base, il Medico di Medicina Generale e il Pediatri di Libera lavorano in équipe, in collaborazione con gli infermieri di famiglia, gli specialisti ambulatoriali e gli altri professionisti sanitari quali logopedisti, fisioterapisti, dietologi, tecnici della riabilitazione e altri. Insomma una struttura di base più adeguata ad un approccio multidisciplinare, ma di fatto se dovessero funzionare, una pericolosa mina nel mare degli interessi privati in sanità tanto cari ai vecchi e nuovi amici dell’assessore Riccardi, al quale bisogna riconoscere la capacità di infestare, come fosse gramigna, terreni un tempo a lui sconosciuti o quasi, come aveva abilmente fatto in altro settore, quello delle strade e autostrade, di cui fra l’altro si è comunque tenuto un ricordino (perchè non si sa mai), attraverso il suo ruolo di capo della Protezione civile. Tornando alle case della salute alias di Comunità il progetto prevede la presenza degli assistenti sociali, fattore che rafforzerà il ruolo dei servizi sociali territoriali nonché una loro maggiore integrazione con la componente sanitaria assistenziale. Per questa ragione la figura chiave nella Casa della Comunità sarà l’infermiere di famiglia, figura già introdotta dal Decreto Legge n. 34/2020 che, grazie alle sue conoscenze e competenze specialistiche nel settore delle cure primarie e della sanità pubblica, diventa il professionista responsabile dei processi infermieristici in famiglia e Comunità, con buona pace delle strutture private presenti soprattutto nel mondo della cooperazione sociale con la quale Riccardi, pare stia stringendo, innaturali alleanze. In sostanza secondo il PNRR, la Casa della Comunità diventerà lo strumento attraverso cui coordinare tutti i servizi offerti sul territorio, in particolare ai malati cronici. La Casa della Comunità è finalizzata a costituire il punto di riferimento continuativo per la popolazione, anche attraverso un’infrastruttura informatica, un punto prelievi, la strumentazione polispecialistica, e ha il fine di garantire la promozione, la prevenzione della salute e la presa in carico della comunità di riferimento. Tra i servizi inclusi è previsto, in particolare, il punto unico di accesso (PUA) per le valutazioni multidimensionali (servizi sociosanitari) e i servizi dedicati alla tutela della donna, del bambino e dei nuclei familiari secondo un approccio di medicina di genere. Potranno inoltre essere ospitati servizi sociali e assistenziali rivolti prioritariamente alle persone anziani e fragili, variamente organizzati a seconda delle caratteristiche della comunità specifica. Come accennato l’investimento nazionale prevede, come già detto, l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture già esistenti sia nuove. Entro il primo trimestre del prossimo anno, quindi a breve, è prevista, dopo una ricognizione territoriale nelle regioni alle quali il governo chiede collaborazione, la definizione di un documento di programmazione per l’implementazione delle Case della Comunità. Leggendo con attenzione la documentazione del Governo inviata all’UE a corredo del PNRR (reperibile in rete) il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2 miliardi di euro. Ogni Casa della comunità costerà a livello strutturale e tecnologico circa 1,6 mln di euro. Ovviamente questa è una stima statistica che potrebbe essere come la famosa media del pollo, Comunque sulla carta ogni Casa della Comunità dovrebbe essere dotata di 10-15 sale di consulenza ed esame, punto di prelievo, servizi diagnostici di base (es. ecografia, elettrocardiografia, radiologia, spirometria, ecc.), nonché un innovativo sistema di interconnessione dati. Tenendo conto delle esperienze precedenti, si stima una spesa complessiva di 351.098.496 euro per la parte tecnologica delle 1.288 Case della Comunità. All’interno della Casa della Comunità, sempre secondo le indicazioni del governo, vi dovrebbero essere 5 unità di personale amministrativo, 10 medici di medicina generale e 8 infermieri. Nel complesso serviranno quasi 6.500 amministrativi e oltre 10.000 infermieri in più. Queste figure professionali saranno implementate quando le Case della Comunità saranno diventate operative a pieno titolo, e quindi nel 2027 per cui il PNRR non prevede risorse per il loro finanziamento dato che il suo effetto si esaurisce nel 2026. In realtà questa è una nota dolente del piano perchè le risorse che dovranno finanziare l’assunzione di oltre 16.500 persone dal 2027 sono incerte e il rischio che per le dinamiche politiche future il Riccardi di turno nazionale, metta una zeppa negli ingranaggi è fortissimo, come fortissimi sono gli interessi privati che il sistema lede. Al momento dal Governo viene indicata una fonte di finanziamento sufficiente solo per 2.363 infermieri (D.L. 34/2020 art.1 c.5) paria a 94,5 milioni di euro. Per il resto del personale (14.168 unità) il cui costo stimato è di oltre 560 milioni di euro non c’è copertura perché le risorse necessarie saranno reperite, spiegano dal ministero di Speranza, attraverso una riorganizzazione dell’assistenza sanitaria che dovrebbe produrre i risparmi necessari. Ma le proposte organizzative proposte (riduzione ricoveri inappropriati, riduzione del consumo dei farmaci, riduzione accessi inappropriati al pronto soccorso, ecc.) molto difficilmente renderanno disponibili gli stanziamenti necessari per questo intervento e rischiano di diventare tagli dei servizi prima che la nuova macchina vada a regime. Inoltre, per garantire la partecipazione di quasi 13.000 Medici di medicina generale all’attività interna delle Case della Comunità occorrerà creare le condizioni contrattuali per una loro adesione massiccia al progetto altrimenti questo abortisce prima di nascere. Servirebbe quindi una nuova convenzione che è facile prevedere sarebbe foriera di oneri ulteriori. Ricapitolando in termini di prospettive e criticità, la previsione delle Case della Comunità rappresenta un apprezzabile tentativo di riformare le cure primarie e quindi, da questo punto di vista, merita grande attenzione visto fra l’altro, che la pandemia ha dimostrato come ormai l’attuale sistema dei Medici di famiglia non regge, non è adeguato e funzionale, non per colpa dei medici, o almeno non per colpa della maggioranza di loro che certamente hanno patito, negli ultimi anni, un ruolo molto burocratizzato che li spinge sempre più lontani dai pazienti e sempre più legati ai “protocolli”. Esperti del settore inoltre ci fanno notare che nel progetto complessivo rimane insufficiente il lavoro di ricollocazione e ridefinizione delle competenze delle Case di Comunità all’interno dell’attività del distretto sanitario. In sostanza, ci dicono, solo se queste diventeranno il luogo privilegiato del lavoro associato dei Medici di medicina generale il sistema potrà funzionare chiarendo ruolo e funzioni di tutto il personale impiegato. In ogni caso l’idea, soprattutto dove è stata già attuata sul serio e non sulla carta, ha delle potenzialità importanti per cui va sostenuta, spiegata prima al personale sanitario e poi ai cittadini, spiegando loro che potrebbe essere per davvero l’occasione per avere cure ed assistenza di miglior livello e soprattutto di prossimità. In Fvg resta il dubbio, che per noi è certezza, che non potrà essere certo l’attuale assessore alla salute a trainare il carro. Speriamo che il presidente Fedriga la smetta di difenderlo e si renda conto della inadeguatezza al ruolo.

Fabio Folisi