Non piove “governo ladro”. Ma il vero problema idrico italiano è lo spreco di acquedotti colabrodo e di “gestori disinvolti”

Istat, in Italia rete idrica colabrodo: «Si perde il 42% dell’acqua immessa in rete» Si tratta di 156 litri al giorno per abitante. Quanto basterebbe a soddisfare ogni anno le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone. Dato non di oggi, dato che l’istituto statistico lo rilevava già nel dicembre 2020 utilizzando però dati nel 2018. Ci si sarebbe aspettato che l’allarme del 2020 avesse sortito effetti, ed invece anzichè migliorare la situazione è peggiorata, vuoi per le condizioni climatiche, vuoi perchè poco o nulla è stato fatto per risolvere le perdite al di là di qualche rabberciamento quando l’acqua, in libera uscita, diventava evidente ad occhio nudo. Così ora ci si rende conto che l’acqua è un bene sempre più prezioso in tempi di siccità e crisi climatica. Eppure in termini assoluti in Italia ne consumiamo di meno grazie ad una  maggiore virtuosità dell’utenza. Ma gli sforzi dei cittadini non sono premiati da chi le acque le amministra. In sostanza paradossalmente ne sprechiamo di più a causa di una rete idrica che si fa più vecchia ogni anno che passa. E’ evidente che non si può additare le responsabilità al classico fato cinico e baro che si fa “ruggine” e crepe, ma alla colpevole sciatteria di chi dovrebbe avere, come propria linea guida d’azione, la manutenzione e che invece, diciamolo chiaramente, anziché impegnarsi nei tanti ma necessari micro appalti e lavori, “pensa” in grande e pianifica grandi opere dove, a pensar male, la possibilità che cadano fette di “utilità” diventa più lucrosa. I numeri sono impietosi e danno l’idea di come e dove possiamo recuperare terreno rispetto alla siccità. In Italia sprechiamo 104.000 litri di acqua al secondo, si tratta di ben 9 miliardi di litri al giorno. Cifre clamorose che non si possono più ignorare. Lo spreco di acqua potabile è pari al 42% dell’acqua che scorre lungo i 500.000 km di rete di acquedotti e se è vero che le temperature salgono e le piogge sono sempre più rare, la società civile e quella “politica” dovrebbe interrogarsi e intervenire subito sull’anomalia degli acquedotti che perdono senza che nessuno abbia messo almeno dei “cerotti” all’emorragia. Non si può scaricare sempre sui cittadini, che già si sono dimostrati sensibili (visto che il calo dei consumi è stato certificato dall’Istat) e che sono certamente disponibili ad ulteriori regole, a patto però, che anche le società e gli enti che gestiscono le risorse idriche intervengano davvero per evitare sprechi.  C’è da giurare che il quasi miliardo e mezzo (1,38 miliardi) di finanziamenti stanziati dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (Mims) con il ministero per il Sud e la Coesione territoriale che diventeranno in tutto 2,7 miliardi di euro – grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e al programma React Eu, faranno gola a molti e si scateneranno gli insani appetiti dei soliti noti, ma ignoti. Le cose potrebbero cambiare, soprattutto al Mezzogiorno ma anche nel resto del paese dove non si brilla, a patto però che progetti ed appalti siano davvero controllati in maniera efficace. Scusate se abbiamo dubbi, ma fin qui le “aziende” pubbliche e private che si sono occupate della risorsa idrica non hanno fatto un buon lavoro, visti i risultati sia nella distribuzione delle acque che nella depurazione di quelle reflue. Per questo, sarà utopia, ma c’è da ritenere che si dovrebbe esautorare tutti i Cda e manager  vari, nelle cui aree di appartenenza gli acquedotti sono bucati , come probabilmente, visti i risultati, lo sono anche le loro “mani”. Non è uno scherzo, considerato l’espandersi e l’acuirsi delle stagioni aride anche nel nostro Paese, ne potrebbe andare della esistenza di interi comparti economici e perfino della salute dei singoli cittadini. Tornando ai dati raccolti da Istat il volume di acqua per uso potabile prelevato, per gli usi domestici, pubblici, commerciali, artigianali, nonché industriali e agricoli che rientrano nelle reti comunali, è pari a 9,2 miliardi di metri cubi l’anno. E se è vero che partire dal 2008 i consumi idrici nei comuni italiani registrano una diminuzione costante riconducibile a molteplici fattori, nel 2018 per la prima volta in vent’anni a diminuire sono anche i prelievi di acqua per uso potabile (-2,7% sul 2015), cresce in maniera esponenziale l’acqua che buttiamo via, perché neanche arriva al nostro rubinetto. Questo non è un caso,  è frutto di intollerabili leggerezze legate anche alla sensazione di impunità che i “monopolisti” dell’acqua mettono spesso in campo. Scaricare ora   sull’utenza la necessaria limitazione di consumi, senza alzare “virtuali” forche sotto le quali far passare i responsabili territoriali delle varie situazioni, sarà l’ennesima ingiustizia nei confronti del cittadino. Il tutto senza colpevoli? Chiariamo subito che anche se i dati più eclatanti per quanto riguarda le perdite negli acquedotti sono nel mezzogiorno, non è che nel resto del paese ci siano particolari virtuosismi almeno generalizzati. Secondo l’Istat, dopo Potenza che ha il primato negativo che sfiora il 70%, ci sono Campobasso (67,9%), Cagliari (59,3), Palermo (54,6) e Bari (52,3). Il capoluogo di Regione più virtuoso è Milano, con solo il 16,7% di perdite, seguono Aosta (24,5), Bolzano (26,5), Genova (27,4) e Torino (27,9). Tutte le altre realtà sono superiori a cavallo con il 30%. Se confrontiamo il dato con quello tedesco, la situazione è desolante. In Germania la rete degli acquedotti “perde” meno del 10% della propria acqua e nonostante questo dato, che in molti ritengono fisiologico e quasi una chimera, in molti a Berlino gridano allo scandalo.