Talebani atto secondo

Alla fine ci risiamo, probabilmente non è elegante, e francamente dell’eleganza me ne sono sempre fregato altamente, dichiarare “noi lo avevamo detto”, ma quanto sta succedendo in Afghanistan non è altro che la conseguenza della politica occidentale in quel Paese nonché esattamente ciò che già quelli che all’epoca erano considerati disfattisti, cioè noi, avevano ampiamente previsto.
Non a caso il Mullah Omar all’epoca aveva dichiarato: “voi avete comprato l’orologio, noi abbiamo il tempo”. Appunto, il tempo gli ha dato ragione ed ora i suoi seguaci stanno entrando a Kabul trionfalmente e praticamente senza colpo ferire.
Gli errori commessi dalla solita coalizione che si sente in grado di decidere cosa, come e dove deve essere fatto che ha preso l’ennesima cantonata, ora vengono a galla. 20 anni di Guerra, di bombardamenti indiscriminati che hanno provocato decine di migliaia di vittime civili, non sono certo serviti ad accattivarsi la simpatia della gente che quell’invasione e quegli effetti ha subito. Certo, nei principali centri qualcosa nel frattempo è cambiato, parte delle donne ha osato sfidare non solo i talebani, ma anche una radicata cultura secondo la quale le donne sono esseri di seconda categoria e privi di diritti, obbligate ad andare in giro coperte senza lasciare intravedere nemmeno un limbo della loro pelle. A Kabul, Herat, nei luoghi principali dell’Afghanistan è abbastanza normale vedere le donne girare senza quell’orribile burka che le privava persino del respirare.
Alcune scuole sono state aperte anche all’istruzione delle bambine, e un qualche cambiamento della società locale è effettivamente avvenuto. La nuova generazione che in questi due decenni è cresciuta, ha senza dubbio nuove esigenze, nuove e più allargate visioni della vita. E questo è senza dubbio un elemento positivo. Ricordo che una quindicina di anni fa, quando ho lavorato da quelle parti, al di là di Kabul, non c’era donna che osasse andarsene in giro senza quell’indumento che non solo la copriva integralmente e che doveva procurare non solo un fastidio psicologico, ma anche fisico a causa del tessuto rigidamente sintetico con cui veniva confezionato. Ed eravamo già a qualche anno di distanza dall’inizio di quella guerra idiota (lo sono tutte le guerre, ben inteso) con cui si cercava di convincerci che bastava aspettare e un futuro brillante a quella nazione sarebbe stato garantito.
Dopo vent’anni, appunto, un minimo di analisi sarebbe opportune provare a farla. Quel paese dilaniato da decenni di conflitto continuo, di incessanti combattimenti contro gli invasori sovietici, delle lotte tra i signori della guerra che avevano distrutto l’Afghanistan, poi i talebani che pareva avessero, attraverso la ferrea imposizione della legge della sharia, in qualche modo calmierato la situazione e infine per l’appunto i bombardamenti e l’ennesima invasione delle truppe della Nato, non pare poi così cambiato. Gli stessi talebani che sembrava avessero irrimediabilmente perso il potere e ricacciati nell’oscurità che volevano imporre, hanno sempre lasciato fare, ma senza perdere, e I fatti odierni sono lì a dimostrarlo, il reale controllo di quella società e del territorio.
I vari e ipercorrotti governi organizzati e messi in piedi dagli occidentali non hanno certo fatto gli interessi della popolazione, ma intascato (assieme anche ai talebani che il territorio controllavano molto meglio delle pseudo autorità, nonché dagli stessi signori della guerra di cui sopra) buona parte degli aiuti internazionali (stiamo parlando di una spaventosa quantità di miliardi di dollari o euro a piacere) mentre le briciole rimanevano a disposizione dei cosiddetti progetti di sviluppo.
La coltivazione del papavero da oppio, la cui eradicazione doveva essere uno dei principali obiettivi delle truppe straniere, in questi vent’anni si è al contrario rafforzata. La trasformazione del materiale di base, l’oppio, in eroina che in precedenza veniva effettuata altrove, ora è comune processo locale con la conseguenza che i ricavi sono aumentati e che parte delle stesse generazioni di giovani si sono ora ritrovati tossico dipendenti. Gli stessi campi che dovevano essere strappati a quella coltivazione, lambivano le principali strade della regione dell’Helmand che produce i tre quarti dell’oppio mondiale.
Lo sviluppo dell’economia che noi occidentali avevamo promesso e assicurato, si è risolto in un nulla di fatto; l’Afghanistan rimane uno dei paesi più poveri del pianeta nonostante la pioggia di miliardi caduta su quel Paese.
La ritirata delle truppe della Nato, principalmente quelle statunitensi che più che una ritirata parrebbe una fuga, ha di fatto confermato quanto previsto in termini di orologi e di tempo. Bastava aspettare et voilà, i talebani si sono ripresi tutto in pochissimo tempo, ben prima del ritiro dei nostri soldati.
Pare quasi bizzarro che tutto ciò avvenga in contemporanea con la scomparsa di uno che in Afganistan era andato da parecchio tempo e non per fare la guerra, ma per mettere una pezza alle conseguenze della guerra. C’è da sperare che almeno gli ospedali e le strutture sanitarie messe in piedi da Emergency frutto dei sogni realizzati da Gino Strada, rimangano operative e privi di interferenze esterne; ora ce ne sarà più che mai bisogno.
Ma cambiando un attimo prospettiva e ragionando un momento, forse l’operazione del ritiro degli Usa e vassalli alleati, non è stata buttata lì, così senza senso.
Se i talebani hanno storicamente avuto rapporti stretti con Al Qaeda (ricordiamo che la guerra in Afghanistan è stata la risposta agli attacchi di Al Qaeda alle torri gemelle), non è forse da escludere che lasciare spazio a quelli che fino ad oggi sono sempre stati considerati terroristi, possa essere la ripetizione di un esperimento tutto sommato già in atto in altri contesti.
Consideriamo per esempio quanto avviene già da tempo in Siria; nella zona di Idlib, ormai da parecchio tempo, il governo è sotto il diretto controllo della locale versione di Al Qaeda, HTS. Il legame tra Hayat, Tahrir al Sham (HTS) e il governo turco e la Turchia è diretto e profondo e da quanto si vocifera, I turchi potrebbero prendere il controllo dell’aeroporto di Kabul. L’interesse di Ankara per l’Afghanistan è piuttosto noto tanto quanto la sua volontà di espandersi nell’Asia Centrale. Chissà che questi elementi non possono incontrarsi in modo da concedere ad Erdogan di esaudire i suoi desideri e di dare una forma di legittimità ai talebani (che in queste ore stanno rendendosi disponibili a qualche trattativa). Anche il fatto che nell’ultimo periodo proprio nella zona di Idlib i russi e i governativi abbiano intensificato i bombardamenti potrebbe essere letto come un messaggio chiaro e che significa che anche Mosca ha la sua da dire nel contesto afghano.
Infatti Mosca è uno degli stati che non ha annunciato il ritiro del personale diplomatico da Kabul, contrariamente a quanto fanno quasi tutti. Tutto sommato quanto avviene da una parte che parrebbe non avere riferimenti diretti con un’altra, potrebbe al contrario esserne molto più significativo di quanto non possa apparire. La Cina nel frattempo, e come al solito sorniona, sta li’ ad aspettare di capire come interessarsi di quel paese. Probabilmente tramite il Pakistan che nelle dinamiche interne dell’Afghanistan ha sempre avuto gran peso. Chi vivrà vedrà.
Docbrino